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Cinema a Udine

07.01.2025
Giorgio Placereani
Giorgio Placereani

Per parlare del cineclubismo udinese bisogna partire da Guido Galanti, che nel 1930 fondò il Cine Club Udine – il terzo, in ordine temporale, in tutt’Italia1. Accanto a lui bisogna menzionare almeno Renato Spinotti (zio di Dante Spinotti). Il Cine Club produce in 16mm nel 1934 il mediometraggio Giornate di sole, una commedia diretta e interpretata da Galanti e fotografata da Spinotti (con un cartello iniziale con l’angelo del colle di Udine disegnato a mano e la scritta “La Galanti Film presenta”). Nel 1935, però, un decreto del regime ordina che tutti i cineclub italiano debbano fare capo ai rispettivi GUF (Gruppi Universitari Fascisti), e anche a Udine il Cine Club diventa CineGuf.

Ciò non impedisce a Galanti e al suo gruppo di realizzare altre due commedie (rispettivamente, 19’ e 18’): nel 1937 A Villa Rosa è proibito l’amore e nel 1938 Contro Vento (premiato alla Mostra di Venezia nella categoria 16mm), opere leggere e ariose, quanto mai lontane dall’illusione militaresca del regime. Nel 1943 Galanti viene chiamato a Roma come ispettore di produzione del film Inviati speciali di Romolo Marcellini; a chiamarlo è Asvero Gravelli, un’interessante figura di gerarca attivo nel cinema, che era stato a Fiume con Luigi Freddi, e che fra l’altro è sceneggiatore de L’uomo della croce di Rossellini. Sarebbe potuta nascere una carriera, ma l’8 settembre interrompe tutto e Galanti ritorna a Udine.

Di Giornate di sole, amabile commedia ambientata, dopo l’inizio girato a Udine, a Lignano, è stato messo in risalto (Mario Quargnolo, Carlo Gaberscek) che il modello è Camerini. Non solo per il soggetto (un povero in una compagnia di ricchi che si finge ricco) ma anche per alcune riprese “meccaniche”, dall’auto in corsa, sia pure con i piccoli mezzi consentiti. A Villa Rosa è proibito l’amore è più mosso, forse meno chiaro all’inizio: c’è sempre una tendenza di Galanti, anche nel documentarismo, a “stringere” un’inquadratura in un tempo assai breve. ControVento è un divertito esercizio metacinematografico, con un personaggio femminile, Luisa, “rapita” due volte, nel film (per farglielo interpretare) e nel film-nel-film in qualità di classica damsel in distress. Ma non bisogna trascurare un bell’esempio della produzione di Galanti di film fiabeschi di bambini, il brevissimo (3’) Il sogno di Biancastella del 1942, che colpisce anche per il fascino del colore Agfacolor. Con un montaggio un po’ (ma piacevolmente) sgrammaticato nella scena di apertura, è un piccolo film sognante, al di là della trama, e (forse a occhi odierni) malinconico. Non è Jacques Démy ma lascia un grato ricordo.

Dell’opera documentaristica di Galanti ricordiamo La liberazione di Udine (15’), del 1945, la cui prima sequenza mostra il ritiro delle truppe tedesche dalla città: è girata dall’appartamento di Galanti in Viale Venezia e sio possono vedere le imposte nelle inquadrature, a testimonianza della pericolosità; e poiQuattro passi per Udine (8’, 1953), in cui le riprese della città sono vivificate dall’apparizione di conoscenti che salutano in macchina. Uno fa il saluto fascista: distrattamente? per scherzo? Qui viene opportuna la tendenza di Galanti a “tagliare” dopo un secondo. Infine bisogna menzionare Il mio amico agricoltore (19’, 1958), si commissione della Federazione Casse di Risparmio delle Venezie), opera didattica sul valore del lavoro, della scienza e del risparmio in ambito agricolo, con un uso del sonoro che si alterna fra la voce over e il dialogo.

Nel 1949 viene fondato il Circolo del Cinema, con al centro Rodolfo Castiglione, e rinasce il Cineclub Udinese, con Adriano Degano, Antonio Seguini de Santi e Walter Faglioni. Faglioni, grande cinefilo e insegnante di dizione, è spesso lo speaker nelle numerose produzioni amatoriali dell’epoca. Fra queste, è più volte presente Elio Ciol (premiato con La Galleria Melonella, 1957), e si forma in quest'ambito il direttore della fotografia Alessandro D’Eva.

Nel 1973 Giancarlo Zannier fonda il Centro Espressioni Cinematografiche (CEC), con intenti produttivi: i ricavi delle rassegne e in seguito dell'esercizio (con la gestione del cinema Ferroviario del DLF, che prese il nome di Ferroviario d’Essai) servono a finanziare l’attività di produzione di cinema indipendente. Fra le produzioni documentarie possiamo ricordare Le brigate del fieno (1979), su un lavoro di fienagione con connotati politici creato da Giorgio Ferigo e organizzato dalla Federazione Giovanile Comunista, e Il cinema gira, sull'attività itinerante del CEC con un furgone attrezzato. Vi sono poi esercizi di cinema sperimentale, che girano intorno a Valter Criscuoli. Sul piano della fiction politicizzata, è ambizioso Ogni riferimento alla realtà è puramente casualedi Giancarlo Zannier (1976: l’ultima scena fu girata proprio il 6 maggio, il giorno del terremoto). Il titolo è ovviamente ironico: il film traeva ispirazione da un fatto di cronaca, il ritrovamento di un cadavere, per una storia politica sull’alienazione e la droga. La foto del protagonista, interpretato da Carlo Barbiera, fu direttamente inserita sulle pagine del quotidiano Messaggero Veneto che parlavano del ritrovamento.

A onta dei mezzi minimi, il film mira a un massimalismo del racconto, con un dramma politico-psicologico e anche una sequenza psichedelica.L’ingenuità produce un senso di astrazione; la recitazione non professionale diventa quasi epica; tanto che il film sembra un Alexander Kluge involontario. È molto interessante come “capsula del tempo”: mostra immagini perdute della vecchia Udine, in particolare del quartiere popolare di Via Villalta prima delle ristrutturazioni. Giancarlo Zannier aveva un occhio documentaristico: nel plot il protagonista lavora all’acciaieria Safau, e in una scena al suo interno lo sguardo sul funzionamento della fabbrica si dilata, quasi mettendo fra parentesi lo svolgimento, in un bel gioco di colori sul metallo incandescente, che rende questo squarcio la pagina migliore del film.

Le strade di Zannier e del CEC finirono per separarsi, dolorosamente, e in seguito Zannier si dedicò al Laboratorio Audiovisivi Friulano, associazione nata nel 1997 a Premariacco con lo scopo di valorizzare le espressioni fondate sull’immagine, caratterizzata da un intendimento didattico (corsi sulle pratiche audiovisive), dalla produzione di filmati e da un’attenzione alla tradizione popolare e alla lingua friulana. Ricordiamo Striis (Giancarlo Zannier e Galdino Zuliani, 2006), C’era una volta l’orto (Marco Fabbro, 2015) e – visibile su YouTube – il raffinato Tracce visive di Giancarlo Zannier del 2009, un lavoro di ricomposizione poetica di antiche e vecchie foto di gente di San Leonardo. Ma non ci separeremo da Giancarlo Zannier senza menzionare il suo bel docu-drama Benandants del 1995.

Il CEC invece si concentrò sull'esercizio, continuando la gestione del cinema Ferroviario – in seguito sostituito dal Visionario, che ha assunto le dimensioni di un vero palazzo del cinema. Fra le altre attività, tralasciando l’ordine cronologico, bisogna menzionare Lo Sguardo dei Maestri, realizzato in tandem dal CEC e Cinemazero di Pordenone, consistente in retrospettive complete di grandi maestri concluse ogni volta da un convegno internazionale, i cui atti venivano pubblicati dalla casa editrice Il Castoro di Milano. Inoltre, la Mostre dal Cine Furlan, curata da Fabiano Rosso, ha presentato una grande quantità di nomi importanti della cinematografia locale e non solo. Citiamo Lauro Pittini, Marcello De Stefano, Remigio Romano, Lorenzo Bianchini (da I dincj de lune a Lidrîs cuadrade di tre), Renatro Calligaro, Massimo Garlatti-Costa, Benedetto Parisi, Christiane Rorato, ancora Giancarlo Zannier, Dorino Minigutti, Marcello Terranova, Carlo Della Vedova e Luca Peresson (Farcadice) e tanti altri. Da questa temperie, se non altro come ispirazione, sono venuti Alberto Fasulo (Rumore bianco), Matteo Oleotto (Zoran – Il mio nipote scemo), i progetti tv di Claudia Brugnetta (Autogrill, Bed & Breakfast), Marco Londero e Giulio Venier (Visins di cjase), Alessandro di Pauli e Tommaso Pecile (Felici ma furlans).

Abbiamo lasciato per ultima la più importante realizzazione del CEC. Ai tempi del cinema Visionario, si organizzavano delle rassegna annuali a tema, dal cinema di Marguerite Duras a quello di Samuel Fuller, dall'espressionismo tedesco al documentario, corredati da pubblicazioni, sotto il nome di UdineIncontri Cinema. Tale manifestazione aveva poi iniziato a stabilizzarsi nel segno di un'attenzione al cinema popolare italiano ed europeo, con grande ricchezza di ospiti: “Cinema e Italietta anni Cinquanta”, “Contestazione generale” sugli anni Sessanta, “Eurowestern”. E qui bisogna rendere omaggio all'intelligenza e all’impegno di Lorenzo Codelli, direttore della manifestazione, e all'insostituibile apporto della Cineteca del Friuli di Gemona.

Dopo il successo di “Eurowestern”, si trattava di trovare l’argomento per l’anno seguente (è scomparsa di recente Lina Wertmüller, e questo ci ricorda che una proposta furono “i musicarelli”, il che avrebbe consentito di provare a recuperare, Rai permettendo, anche il suo capolavoro Il giornalino di Gian Burrasca). Siccome il cinema di Hong Kong era ancora relativamente poco noto, fu questo l’argomento prescelto.

La retrospettiva, temuta come le precedenti al Visionario fu un successo strepitoso, e fra l’altro vi partecipò un numero mai visto di star hongkonghesi, da Lau Ching-wan a Francis Ng a Johnnie To, destinato a diventare un amico costante del FEFF. Infatti quel successo “fissò” definitivamente l’impegno del CEC sul Far East, e così nacque il FEFF, Far East Film Festival, trasferendosi dal piccolo Ferroviario ai 1200 posti del Teatro Nuovo Giovanni da Udine.

Variety, che è un po’ la Bibbia americana dello spettacolo, ha famosamente scritto che vi sono 50 festival imperdibili in tutto il mondo e di questo due hanno sede nella regione Friuli-Venezia Giulia: le Giornate del Cinema Muto di Pordenone e il Far East Film Festival di Udine. Diretto da Sabrina Baracetti e Thomas Bertacche, il FEFF si è stabilito come il più importante ponte fra il cinema asiatico e l’Europa, arrivando nell’ultima edizione a 65.000 presenze, dedicandosi specificamente al cinema popolare ma con fruttuose escursioni nei territori arthouse. Il FEFF ha una doppia dimensione, sincronica e diacronica: esplora lo state of the art del cinema asiatico e scava nella sua storia con fondamentali retrospettive. Il Gelso d’Oro alla Carriera – l’ultimo è stato attribuito a Zhang Yimou, ospite a Udine – ha composto negli anni un Albo d’Oro del cinema asiatico. Si può aggiungere che una grande quantità di eventi collaterali dedicati al mondo orientale invade a ogni edizione la città di Udine trasformandola in un piccolo centro di cultura asiatica.

In sinergia fra Udine e Pordenone, è nata la Tucker Film, casa distributrice attenta al Far East (da Departures a Drive My Car) ma altresì attenta al “nostro” Est: ha distribuito per esempio Sole alto (Zvidzan) di Dalibor Matanić. E ha in un certo senso “chiuso il cerchio” lanciandosi nella produzione con L’angelo dei muri di Lorenzo Bianchini. Sempre muovendosi all’insegna dell’apertura.

Ringrazio Giulia Cane per la preziosa collaborazione, senza la quale non sarebbe stato possibile questo intervento.

Autore: Giorgio Placereani


(1) Per le informazioni storiche cfr. Livio Jacob – Carlo Gaberscek, Il Friuli e il cinema, La Cineteca del Friuli, Gemona 1966. La Cineteca del Friuli ha anche pubblicato in tre dvd una scelta dell’opera di Guido Galanti, Antonio Seguini de Santi e Giorgio Trentin.

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